Quattro piani e cinque gradini.

Torniamo dalla tua festa. Una settimana di festeggiamenti sfiancherebbero chiunque. Per tornare alla Casa del Mare da ParcoGrande sono 25 minuti di macchina.
Mamma mi svegli quando arriviamo che voglio il latte e un libro nuovo?
Certo, dormi, dormi, tranquilla.



Arriviamo. Parcheggiamo. Dormi pesantemente.
Ti slaccio la cintura. Ti prendo in braccio, appoggi la testa sulla mia spalla, le gambe un po' penzoloni, non riesci a fermarle sui miei fianchi, sei troppo stanca.
Nel vialetto perdi le humphreydito. Cinque gradini. Apriamo il portone. Chiamo l'ascensore con tutto il suo clangore infernale.
Saliamo. Se tu fossi sveglia ti direi - come sempre - prendendoti in braccio: "Spingi quello, il culetto (il n° 3 non sembra forse un culetto?)".
Arriviamo al piano e l'ascensore si ferma con uno s-ciocco e un saltello.
Un altro piano a piedi. Porta. Mi sfilo i sandali e ti porto nel lettone. Prima di coricarti ti slaccio i bottoni sulla schiena. Il vestito rosa con le luccichine sembra di seta e scivola via facilmente. Ti sfilo anche gli occhiali e li ripongo bene sul mio comodino.
Accendo la lucina fantasmina, tu ti giri su un fianco. Vado in bagno e mi metto il latte detergente sul viso.

Mamma?
È un sussurro appena.

Mamma?
Poco più di un bisbiglio.

Sei in penombra, un po' illuminata dalla luce del bagno, la mia ombra lunghissima su di te.

Fai presto, io aspetto il latte e il libro nuovo.

Nel mio cervello esplode potentissimo il ricordo di me bambina. Fintamente addormentata rubo secondi avvinghiata a mio padre, che mi porta a letto in braccio. Odore di dopobarba e dentifricio, la barba che punge. Il corridoio sembra lunghissimo eppure finisce troppo in fretta. Un bacio frettoloso prima di spegnere la luce. Non mi avrebbe mai baciata da sveglia.

Certo amore, guarda sotto al cuscino. Trovato niente? Vengo subito, mi lavo i denti e sono da te.

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